Quando devo andare da qualche parte in macchina, che sia un piccolo paesino di periferia o un affollato centro cittadino, cerco parcheggio esattamente davanti al luogo da raggiungere.
Sembrerà strano (soprattutto per l’affollato centro cittadino), ma il 95% delle volte trovo un posto disponibile e per il restante 5%, molto spesso, basta attendere qualche minuto perché si liberi.
Chi viaggia con me si ostina a definire la cosa come la mia “fortuna per i parcheggi”, ma vi assicuro che non è così.
Certo, la dea bendata un po’ del suo ce ne mette, ma non è solo quello.
È frutto di una logica deduzione derivante dalla conoscenza del pensiero comune.
La maggior parte delle persone, infatti, ragiona come quelli che attribuiscono tutto ciò al fato.
Presi da un dominante pessimismo cosmico non si sognano nemmeno di avvicinarsi al luogo del rendez-vous, convinti che non ci potrà mai essere spazio per loro, e parcheggiano a chilometri di distanza “lasciando il posto a me”.
Se poi consideriamo il fatto che chi è riuscito a parcheggiare lì lo ha fatto solo perché è arrivato così presto che spazio ce n’era a volontà, diventa chiaro che per quando arrivo io hanno finito ciò che dovevano fare e se ne vanno.
Ecco perché nel restante 5% dei casi basta attendere.
Come nell’eterno dilemma che ancor oggi non riesce a stabilire la priorità dei natali tra uovo e gallina, non so dire se affronto la vita come affronto i parcheggi o viceversa.
Fatto sta che MAI nella vita ho evitato di fare qualcosa perché convinto di non riuscirci o perché qualcuno prima di me ci aveva già pensato.

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